La marcetta di Marchionne

Scimmiottando la famigerata marcia dei 40 mila dell'80, la Fiat organizza per oggi una fiaccolata a Pomigliano per far vincere i sì. Operai ricattati, delegati Fiom tenuti fuori dai cancelli. Il sindaco di destra stampa manifesti e mobilita galoppini

Momento delicato per il futuro della fabbrica Fiat di Pomigliano. A suon di iniziative e di volantini distribuiti a pioggia da Fim, Uilm e Fismic per sostenere il sì al referendum di martedì, la tensione sale nello stabilimento Gianbattista Vico. L'esito della consultazione potrebbe essere non scontato come si vuole far credere, e così in pieno revival anni Ottanta, la casa automobilistica ha pensato di metterci lo zampino per far pendere la bilancia a suo favore e tentare quel plebiscito che le permetterebbe di avere mano libera dentro lo stabilimento. In base a quanto denunciato dalla Fiom, infatti, gli stessi vertici aziendali starebbero sponsorizzando una fiaccolata, prevista per questa sera, nel centro del paesino vesuviano. «Una sorta di marcia dei 40mila in sedicesima - dice Maurizio Mascoli, tra il rassegnato e il furioso - proprio per onorare le peggiori tradizioni della Fiat». Non solo. In queste ore diversi dipendenti hanno raccontato di essere stati precettati casa per casa via telefono, o convocati dai vertici per ottenere sicure adesioni al corteo serale.
Sembra che l'idea sia partita dall'alto, se non dallo stesso Sergio Marchionne dai suoi collaboratori, e che giovedì ci sia stata una riunione dei capireparto e capisquadra chiamati dal direttore Garofalo. Per l'occasione si sarebbe scomodato perfino Stefan Ketter, braccio destro dell'ad Fiat, giunto a serrare le fila. «E' incredibile - spiega Marco, da 10 anni al montaggio - ma se sono convinti che il referendum sarà un plebiscito perché tanti movimenti? La verità è che hanno paura, lo sanno che c'è molto malumore tra noi. Questo però la dice lunga sulla nuova era che ci aspetta in fabbrica».
La Fiom attacca duramente questo clima intimidatorio e di coercizione, e la segreteria regionale denuncia anche che i sindacati favorevoli all'accordo non abbiano promosso alcuna assemblea, organizzata invece lunedì dalla stessa azienda: «In queste ore - scrivono - viene impedito l'accesso allo stabilimento ai soli delegati Fiom della linea 147 (che in questi giorni non lavora), mentre non avviene altrettanto per i delegati delle altre organizzazioni».
Tra storture e intimidazioni, le tute blu si sentono accerchiate, c'è chi parla apertamente di provocazione e chi vede nella fiaccolata di oggi la debolezza dell'azienda. «Il corteo serve a poco - spiega Enzo Amendola, segretario provinciale della Fiom - a Pomigliano non ci sono scioperanti da smantellare. Questa è un'operazione esclusivamente mediatica dei capi, che fino ad ora non hanno mosso un dito per salvare la fabbrica, in combutta con il sindaco della cittadina». Il sindaco è Lello Russo, ex-socialista, eletto a marzo per il Pdl dopo 10 anni di centrosinistra, che si sta dando molto da fare per sponsorizzare il sì del referendum. Ieri i pidiellini hanno addirittura organizzato una conferenza stampa, alla quale è intervenuto il deputato Paolo Russo, per presentare un manifesto da affiggere nelle strade della città e annunciare la presenza di diversi gazebo con il compito di raccogliere firme che chiedano ai lavoratori di votare sì. Sui manifesti è raffigurato un panda con un casco giallo, dove non si comprende cosa sia a rischio estinzione, se i lavoratori o le Panda Fiat. Sulla questione sono intervenuti a turno tutti i vertici del partito regionale, compreso il discusso sottosegretario Nicola Cosentino, per presentare i meriti di un accordo che deve passare a tutti i costi. Per lunedì è stato addirittura convocato a Pomigliano un consiglio comunale e provinciale aperto ai cittadini in cui la Fiom non farà mancare la sua presenza.
«Ma chi ci può chiedere di votare sì e diventare schiavi? Almeno ci lasciassero in pace, i politici per noi non hanno fatto nulla - si inalbera Stefano, manutenzione - So solo che in fabbrica in questo momento il dissenso è pericoloso: mercoledì, prima di partecipare all'assemblea degli iscritti Fiom sono stato chiamato dal capo per essere informato che non sarei stato pagato per quelle ore e che il mio nome sarebbe finito in direzione».

Francesca Pilla

[Articolo su il manifesto del 19/06/2010]

fonte:http://www.ilmanifesto.it/

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