La Fiat resta in silenzio, tremano Sacconi e Bonanni

Giorno festivo solo a Torino per San Giovanni, uffici del Lingotto chiusi, l'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne sulla via di Auburn Hills, quartier generale della Chrysler alle porte di Detroit. Il «che fare» a Pomigliano, dopo l'esito del referendum favorevole alla Fiat in misura così ridotta rispetto alle aspettative, ha bisogno ancora di qualche giorno perché da Torino partano segnali più concreti. Ma nell'attesa, è il governo Berlusconi che sembra tremare.
A Roma un silenzio quasi totale ha accolto il voto di Pomigliano, lo stizzito comunicato del Lingotto, le voci dei lavoratori campani. Solo il ministro del lavoro Maurizio Sacconi è rimasto sul campo a commentare il risultato. Dicendo per due giorni di seguito la stessa cosa: la Fiat andrà avanti con il suo piano di investimento di 700 milioni di euro a Pomigliano per trasferire la linea della Panda alla Polonia. Tanta certezza, perché se così non fosse, sarebbero grossi guai anche per l'esecutivo. Assente ingiustificato in politica industriale, privo di un ministro dello sviluppo dopo le dimissioni forzate di Claudio Scajola, in relazioni scarse con la famiglia Agnelli e semifredde con Marchionne.
«C'è la conferma del percorso ipotizzato», ha letto Sacconi nel comunicato del Lingotto, saranno «le parti firmatarie del contratto a verificare i vari passaggi» per l'attuazione del piano. Poi, polemico: «In Italia c'è una componente, un pezzo di establishment, a cui quando le cose vanno bene secca tanto, mi dispiace, mi dispiace, rischiamo di avere davvero la Panda a Pomigliano». E la posizione Fiat «è stata inequivoca, ha preso una posizione netta, ha detto io procedo per attuare l'accordo con i firmatari». L'esibizione di tanta sicurezza è obbligatoria per il governo: senza Panda, la fabbrica va chiusa. E se arrivasse un altro modello, ci sarebbero comunque dei licenziamenti. Sacconi fa il verso a un altro che è uscito male dal voto di Pomigliano, il segretario della Cisl Raffaele Bonanni. Il quale si dice certo che il Lingotto rispetterà l'accordo firmato da lui e da altri tre sindacati e che, per attuarlo, la Fiat non ricorrerà alla creazione di una nuova società, passaggio formale per licenziare tutti e riassumere chi ci sta. Bonanni fa bene, dal suo punto di vista, a dire che è un'ipotesi inesistente. Perché se il Lingotto scegliesse questa via, chi ha firmato perderebbe la faccia. La Fiat ha due strade per procedere su Pomigliano, come per ora ha annunciato di voler fare. Nell'ipotesi migliore - la conferma dell'investimento con la Panda - non può però imporre le nuove regole in uno stabilimento che ha votato al 40 per cento no, senza passare per una «blindatura» o qualcosa di molto simile. Tanto è vero che anche il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, usa parole di cautela, dopo aver sparato a zero sulla Fiom alla vigilia del voto: «Difficile dire se ci sono vinti e vincitori - dice adesso Marcegaglia - siamo in una fase aperta, vedremo. La Fiat correttamente chiederà garanzie a chi ha firmato per poter fare l'investimento». Confindustria naturalmente è d'accordo sulla linea del Lingotto: «In questi anni - dice Marcegaglia - si sono persi 30 punti di competitività verso la Germania. I nostri salari sono aumentati molto più della produttività mentre in Germania molto meno e questo ha creato un gap che non si può più sostenere». La partita più bella l'hanno però giocata ieri pomeriggio, in concomitanza con quella pessima di calcio della nazionale in Sudafrica, gli operai di Termini Imerese. Accusati nei giorni scorsi da Marchionne di scioperare per vedersi a casa una precedente partita. «Gioca l'Italia, noi vorremmo lavorare e invece c'è la cassa integrazione» è lo striscione che i lavoratori dello stabilimento che la Fiat vuole chiudere alla fine del 2011 hanno fatto trovare ai cancelli, all'ora del calcio di inizio di Italia-Slovacchia. Proprio ieri è cominciato il primo dei quattro giorni di cassa integrazione per tutti gli operai di Termini Imerese, i quali avranno un'ulteriore settimana di cassa alla fine di luglio. L'iniziativa a Termini è stata organizzata da Fim, Fiom e Uilm. Tutti d'accordo, come non lo sono stati a Pomigliano.

F. Pat.

[Articolo su il manifesto del 25/06/2010]

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