Il congresso nazionale della Fiom,
tenutosi a Rimini dal 10 al 12 aprile, si preannunciava come il momento
in cui si sarebbe dovuto consumare lo scontro decisivo tra la Fiom e la
Cgil. A fronte dell'accordo siglato dalla confederazione il 10 gennaio
scorso tutti si attendevano da parte dei meccanici una rottura se non
definitiva quantomeno storica e clamorosa all'interno del principale
sindacato italiano. Purtroppo nulla di tutto questo è accaduto.
Nonostante le apparenze che hanno visto concludere il congresso su 3
documenti politici e 3 liste per la elezione del Comitato Centrale
contrapposte, il confronto ha visto il prevalere di una guerra di
posizione fatta di tatticismi e presunte furbizie reciproche. Uno
scontro che si riduce sempre più a una battaglia tra gruppi dirigenti e
sempre meno a una battaglia per le idee e i contenuti.Quale dissenso? Che il segretario generale della Fiom
non volesse affondare il colpo lo si è capito fin dalla sua lunghissima
relazione. Se in un primo momento ha usato un'espressione forte e
apparentemente di scontro definendo la gestione del congresso da parte
della Cgil come “truffaldina”, in realtà sulle tre questioni di fondo
oggi in discussione la linea è stata alla ricerca spasmodica di
mediazioni e compromessi. Al punto da far quasi perdere di vista quale
fosse davvero la materia del contendere. Emblematica è la totale
identità di vedute tra confederazione e meccanici sulla questione del
governo Renzi. Quasi come dei contemplatori di quadri, Fiom e Cgil si
limitano ad elencare le cose che vanno bene (sic!) e quelle che non
vanno bene dell'azione dell'esecutivo. Poi giustificano il proprio
immobilismo dietro l'argomentazione tutta da dimostrare del presunto
consenso di cui godrebbe oggi Renzi tra “la gente”...quindi per ora
bisogna lasciarlo “lavorare”. Tra sei mesi poi si farà il bilancio del
suo operato e si agirà di conseguenza. Come se lo sviluppo dei rapporti
di forza e della lotta di classe fossero un rubinetto che si apre e
chiude a piacimento e non una lotta tra forze vive. Salvo poi scoprire
che il consenso di cui magari si gode in un dato momento è stato
dilapidato dall'attendismo. A quel punto non dubitiamo che i soloni del
nostro sindacato lamentandosi di non essere stati capiti dal popolo
chiederanno, come sarcasticamente affermava Brecht, di cambiare il
popolo. In secondo luogo anche sulla vicenda del
Testo Unico, accordo che la Fiom giustamente ha affermato mettere in
discussione la natura stessa del sindacato, la rivendicazione iniziale
del “No all'accordo” si è trasformata in un molto più morbido
“miglioriamo il testo”. La linea assunta pare ora essere la stessa usata
all'epoca delle “carte rivendicative”. Ovvero tentare fabbrica per
fabbrica di fare accordi in cui si scongiura l'applicazione delle parti
peggiori di quel testo. L'esito di questa linea è stata disastrosa
allora, lo sarà ancor più oggi che in ballo non c'è “solo” il rinnovo di
un contratto nazionale, ma il sistema contrattuale nel suo complesso.Se nella vicenda Pomigliano la Fiom
avesse adottato questa linea, di fatto emendataria, pensiamo davvero che
saremmo riusciti ad ottenere le vittorie, pur parziali, ed il consenso
che quella battaglia ci portò all'epoca? La linea che stiamo assumendo
oggi per il Testo Unico è esattamente quella della “Firma Tecnica” che
all'epoca la Cgil ci propose e che noi giustamente rifiutammo. Un
accordo che lede diritti indisponibili, come sostiene anche il giurista
Umberto Romagnoli consulente del nostro sindacato, va eliminato, punto e
basta.Infine sulla questione della democrazia
in Cgil e sulla gestione “truffaldina” del congresso (cosa che i
sostenitori del secondo documento già da settimane denunciavano in beata
solitudine e ben prima che venissero resi pubblici i dati sull'esito
degli emendamenti). Più passa il tempo e più si ha la sensazione che un
problema vero e giusto, quello cioè di una condotta sempre più
autoritaria ed antidemocratica della nostra confederazione, sia usato
strumentalmente per contrattare qualche posto in più come delegato al
congresso nazionale confederale e dunque al Direttivo Nazionale futuro.
Insomma l'ennesima guerra tra gruppi dirigenti per i posti. Le ambiguità della linea Fiom danno i propri frutti (amari) Che la discussione abbia avuto questa
dinamica non è certo casuale, ma è la naturale ed ennesima conseguenza
di una scelta politica che la maggioranza del gruppo dirigente della
Fiom ha fatto ormai da 3 anni a questa parte. Se il no coraggioso ed
intransigente assunto a Pomigliano e Mirafiori 4 anni fa ci portò
all'apice del consenso dentro e fuori la categoria al punto di poter
organizzare una imponente manifestazione come quella del 16 ottobre 2010
a Roma, l'accordo confederale del 28 giugno 2011 ci ha posti davanti ad
un bivio. La scelta all'epoca era tra una strada di conflitto aperto e
senza quartiere all'interno della confederazione e una strada,
apparentemente più semplice, di minor resistenza basata sulla rincorsa a
tutti i costi del compromesso con la Cgil. Si scelse da allora questa
seconda strada e oggi queste ne sono le conseguenze. Una manifestazione
come quella del 16 ottobre, oggi di certo non avremmo la forza per
poterla convocare.All'insegna della moderazione e dell'assenza di discussione vera.Un vecchio proverbio sostiene che sia
nei dettagli che il diavolo celi la coda. In questo congresso per la
verità i dettagli non sono neanche così minuziosi, al contrario. Il
fatto che la commissione politica non abbia nemmeno speso tempo a
discutere sugli ordini del giorno ma si sia limitata a ratificare il
volere della maggioranza rende l'idea di come il problema sulla gestione
proprietaria dell'organizzazione non sia solo di natura confederale. A
chi scrive non è ancora chiaro se sia stato per disinteresse,
pregiudizio o per convinzione politica (molto probabilmente un pò tutte
queste cose assieme), ma il congresso, su indicazione della segreteria
uscente ha respinto tre ordini del giorno in maniera del tutto
inspiegabile. Uno in cui si chiedevano le dimissioni di Susanna Camusso
da Segretaria Generale Cgil, su cui è addirittura intervenuto Landini
per dire (quasi si riferisse un po' anche a se stesso) che la
discussione non deve essere sulle persone ma sulle idee. Verrebbe da
chiedere al segretario Fiom se i gruppi dirigenti non si possono mettere
in discussione durante un congresso, quando secondo lui sarebbe
opportuno farlo. Un secondo ordine del giorno che chiedeva lo sciopero
generale contro la riforma delle pensioni Fornero è stato respinto con
la motivazione palesemente falsa che tale richiesta era già presente nel
testo del documento politico approvato dal congresso. Verrebbe da
chiedere: ma se è così, e basta leggere i documenti per vedere che così
non è, qual è il problema nel ribadire e rafforzare il concetto?
Mistero. Infine, e questo è senz'altro il più odioso, ci si è rifiutati
di approvare un ordine del giorno che esprimeva solidarietà ai quattro
compagni No Tav che senza alcuna prova sono da mesi detenuti con la
pesantissima accusa di terrorismo per aver forse manomesso un
compressore. Guzzanti, Vauro, Emergency e pure Mastrandrea si mobilitano
in loro solidarietà e la Fiom no! Verrebbe da sorridere se non ci fosse
da piangere.La coda di quel diavolo che è la
moderazione col passare del tempo si è fatta davvero troppo ingombrante
anche nella nostra categoria.Il congresso nazionale Cgil.La tre giorni fiommina si è conclusa con
reciproche domande senza risposta. Il segretario della Cgil ha chiesto
se la Fiom fornirà i dati della consultazione sul Testo Unico inerenti
agli iscritti (come a dire che se la Fiom si rifiuta si mette fuori
dalle regole confederali) ed il segretario della Fiom ha risposto con
un'altra domanda, ovvero se la Cgil aiuterà la Fiom a “migliorare” il
Testo Unico (come se la Cgil dopo aver firmato un accordo possa mai
accettare davvero di modificarlo, ammettendo così la propria
inettitudine). Tutto è stato dunque rinviato al congresso nazionale
confederale, assise in cui a giocare “in casa” sarà Camusso.
L'impressione è che ad oggi nessuno dei due contendenti voglia, abbia il
coraggio o possa assestare un affondo finale. Quale sarà l'epilogo di
questa vicenda è ancora difficile da stabilire. Troppe sono ancora le
incognite e le variabili in campo che potranno cambiare il corso degli
avvenimenti tra il 6 e l'8 maggio a Rimini. Tuttavia una cosa è certa.
Se, come le conclusioni del congresso dei meccanici lasciano presagire,
Landini e il suo gruppo dirigente accettassero un ennesimo accordo al
ribasso come fatto negli ultimi 3 anni, questo potrebbe forse garantire
ancora per qualche tempo l'autoconservazione dell'apparato, ma
certamente sancirebbe una pesante sconfitta politica per la Fiom. Una
sconfitta che graverebbe innanzitutto e soprattutto su chi
quotidianamente deve misurarsi coi padroni nelle fabbriche e cioè i
delegati e i militanti. In una parola, la spina dorsale e la linfa
vitale della nostra organizzazione. Per quanto ci riguarda, con le poche
forze che avremo, faremo di tutto perchè questo non avvenga e perchè
tale accordo non ci sia. La Fiom deve continuare ad essere o tornare ad
essere un punto di riferimento per chi ne ha abbastanza di subire e
vuole rialzare la testa per cambiare le cose. Per chi ne ha abbastanza
dei ricatti dei padroni. Noi difenderemo la Fiom ad ogni costo e contro
chiunque la voglia portare alla resa!
Paolo Brini
Comitato Centrale Fiom-Cgil
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