FIAT-Pomigliano e Piaggio-Pontedera che cosa vogliono i padroni.

Da diversi anni si fa sentire nelle fabbriche una pressione crescente sui lavoratori per aumentare i ritmi e gli orari di lavoro: saturazione dei tempi, riduzione delle pause, introduzione del diciassettesimo e diciottesimo turno e sabato lavorativo obbligatorio. O per incapacità di trovare alternative o per connivenza, le OO.SS. hanno firmato in tante occasioni accordi di puro cedimento alle richieste padronali e ora negli ultimi anni, siccome ai padroni non basta mai, CISL e UIL si sono prestate a contratti separati e accordi generali che danno mano libera su tutti gli aspetti delle condizioni di lavoro, compresi i diritti sindacali.Ma allora, che cosa vogliono ottenere FIAT e Federmeccanica con le minacce di chiusura, il Referendum di Pomigliano e la disdetta del contratto nazionale? Il punto è che non basta firmare accordi con Sindacati compiacenti, occorre anche poterli applicare in pratica, ed è su questo punto che il diritto di sciopero può diventare un ostacolo insormontabile. Lo sciopero dalla prestazioni lavorative imposte da quegli accordi rimane infatti un’arma decisiva nelle mani dei lavoratori. Alla Piaggio, ad esempio, da anni i sabati lavorativi sono di fatto solo facoltativi grazie allo sciopero della flessibilità. Si tratta di una iniziativa di difesa che può essere praticata in tutte le fabbriche da gruppi di delegati, anche ristretti ma rappresentativi. Sempre alla Piaggio, Colaninno ha cercato di metter fine a questa pratica minacciando gli scioperanti del sabato di licenziamento. Ritorsioni in realtà prive di fondamento giuridico, come si è anche visto chiaramente. Ma è proprio tagliare alla radice questo strumento di lotta l’obiettivo dell’offensiva di Marchionne, al prezzo di forzare e sconvolgere rapporti sindacali e politici che duravano da decenni.Con esiti che potrebbero però essere molto diversi da quelli perseguiti.Ne è già seguita la rottura dell’unità sindacale, che è nata sull’onda delle lotte degli anni’60, ma che dalla fine degli anni ’70 a oggi ha avuto un ruolo centrale nel contenere le iniziative dei lavoratori più attivi, chiudere ogni questione di rappresentatività sindacale e far digerire ai lavoratori una serie di riduzioni salariali e di attacchi alle condizioni di lavoro. Il risultato non è perciò tanto positivo per le organizzazioni padronali. Nella situazione creata da Marchionne cadono infatti le maschere dei Sindacati “collaborativi”, diventa insostenibile non schierarsi e difficile ricomporre il quadro precedente, come vorrebbe una parte della CGIL. In questo quadro il voto di Pomigliano e l’intransigenza della FIOM sul contratto nazionale e sul diritto di sciopero, mostrando la praticabilità di una resistenza e di una risposta operaia, hanno in realtà contribuito come mai negli ultimi anni a rompere la passività e l’omertà sulla condizione di miseria materiale e di subordinazione politica dei lavoratori e a rappresentare l’esigenza generale e crescente di un sindacato combattivo e realmente rappresentativo. Compito dei lavoratori più attivi e coscienti è spingere avanti questo processo, sostanziando la crescita della coscienza sindacale con iniziative e rivendicazioni puntuali, realistiche, capaci di riunificare gli interessi dei lavoratori, praticando quella strategia di difesa generale e intransigente dei diritti e delle condizioni materiali che deve e può caratterizzare i rapporti sindacali che usciranno da questa fase.

NOTA: Tutto il risparmio della FIAT per il taglio di 10 minuti delle pause a Pomigliano corrisponde ai salari di 100 operai, pari ad ¼ dello stipendio di Marchionne.

Redazione "il Manifestino"

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