No + no = SI: la classe operaia può!

Fincantieri, Piaggio, Microelectronics, Dema, AST, Same, Tenaris Dalmine, Ducati, Minarelli, GKN, CarbonSteel, CFT, Electrolux, Avio Aero, Stefani, Meridbulloni, SKF...sono solo alcune delle fabbriche dove è stato respinto l’infame contratto dei metalmeccanici, firmato da FIM, FIOM e UILM. In altre, dove ha prevalso il SI, il NO si è attestato comunque su numeri molto alti: all’Alenia di Pomigliano, ad esempio, è arrivato al 42%. Tutto questo contro l’indicazione delle dirigenze sindacali (FIM e UILM per il SI, FIOM per la libertà di scelta) e senza alcuna campagna di massa per il NO, senza contare i brogli ormai classici e puntualmente denunciati, dal voto multiplo ai verbali secretati. Un NO, insomma, che è andato anche contro l’imponente campagna mediatica che ha spacciato aumenti di ben 92 euro lordi, con giochi di prestigio aritmetici che non riescono nemmeno al peggiore degli apprendisti stregoni: per giustificare questo dato totalmente inventato si sono mischiate, infatti, le mele dei recuperi inflazionistici con le pere delle decontribuzioni! La narrazione mitologica sui 92 euro serviva, però, a giustificare gli arretramenti e le batoste presenti sul piano economico e normativo, dal salario accessorio legato alla produttività alla possibilità di decidere su straordinario, orari e organizzazione in azienda, anche andando in deroga peggiorativa sul contratto nazionale. UNA GROSSA PARTE DELLA CLASSE OPERAIA DEL NOSTRO PAESE HA RESPINTO UN CONTRATTO DI MERDA, senza nessuna, o quasi, organizzazione di supporto: solo con la propria coscienza, la consapevolezza del proprio lavoro e degli imbrogli mascherati sotto le belle parole. Non abbiamo ancora i risultati defintivi, ma probabilmente questi NO non serviranno a respingere il contratto, e questo è grave, perché il contratto dei metalmeccanici è un po’ la costituzione materiale del lavoro nel nostro paese. Ma il dato importante che esce da questo referendum è che nelle fabbriche dove ci siamo, dove c'è un'organizzazione sindacale davvero dalla parte dei lavoratori, e persino nelle fabbriche dove normalmente non ci siamo ma dove siamo riusciti ad arrivare almeno ai cancelli coi nostri furgoni per portare informazioni e discutere sui contenuti del nuovo contratto, in tutte queste fabbriche ha vinto il NO! Un NO al contratto che, sommato al NO al referendum del 4 Dicembre, ci parla di un popolo che vuole invertire la rotta, che ha deciso di dire basta a dieci anni di crisi, di tagli ai salari e ai diritti. Questi due NO sono dei “nostri”, dei lavoratori del nostro paese, e devono, possono essere organizzati, amplificati, per trasformarli in un immenso SI...a cosa? Ai probabili referendum abrogativi del Jobs act, che la CGIL ha proposto ma sui quali non sappiamo se e quanto investirà, dato che all’ esito di quei referendum è legata la sorte del loro governicchio amico...che infatti già si sta “cacando sotto”, e sta studiando la maniera per depotenziarli facendo qualche passo indietro prima che sia troppo tardi! In questo momento di confusione sotto il cielo la situazione non è eccellente, ma è più che buona per chi ha chiari gli obiettivi, il percorso e i passi da compiere, e soprattutto ha voglia di mettersi in marcia. Occorre cogliere l’occasione, uscire dalle proprie nicchie rassicuranti, rimettersi in gioco: non abbiamo più intenzione di partecipare, vogliamo tornare a vincere!

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