Pubblichiamo l’appello di delegat@ FIOM a sostenere le ragioni del NO
all’ipotesi di accordo del ccnl dei metalmeccanici. Il 6 dicembre
appuntamento a Firenze!
In un anno di trattative con Federmeccanica, la Fiom ha di fatto
posto la parte economica come unica condizione imprescindibile per la
firma del contratto. Quanto firmato non rispetta nemmeno questa
condizione. Non si tratta di discutere se 92 euro di aumento siano tanti
e pochi. Per il semplice motivo che non sono 92, non sono certi e non
sono per tutti.
Si arriva tale cifra solo sommando 51 euro di aumenti salariali al
resto delle misure di welfare aziendale (7,69 euro di aumento sulla
previdenza, 12 sulla sanità, 13,6 di welfare, per un totale di 85 euro
mensili che arrivano a 92,68 con la quota per il diritto alla formazione
continua).
Pochi spiccioli, quindi, ma in compenso tanta confusione.
Innanzitutto perché si sommano voci di salario diretto a prestazioni di
welfare, come se si trattasse di voci sostitutive l’una dell’altra. In
secondo luogo perché si sancisce che si possa accedere a tale “aumento”
solo accettando di far parte del welfare integrativo: non un diritto
universale, ma basato un rapporto con un fondo privato o con un fondo
aziendale.
Infine, nemmeno i 51 euro salariali sono certi e per tutti. Non lo
sono perché riassorbibili da tutti gli aumenti “fissi collettivi della
retribuzione eventualmente concordati in sede aziendale” (con
l’esclusione di quelli legati alla modalità di effettuazione della
prestazione lavorativa).
Non lo sono perché sono aumenti solo “stimati”. L’effettivo importo
verrà deciso ex-post: dopo la comunicazione annuale da parte dell’Istat
dell’Ipca. L’Ipca (Indice Prezzi al Consumo Armonizzato) è un calcolo
dell’inflazione che esclude dal paniere le voci energetiche importate.
Un metodo truffaldino, dalla Fiom in passato contestato, che di fatto
regala alle aziende la possibilità di pretendere una sorta di scala
mobile al contrario. E se non bastasse, questa destrutturazione
dell’aumento salariale si lega a una parte normativa estremamente
negativa.
In primo luogo, passa quasi sotto silenzio il fatto che la Fiom
firmando questo contratto abbia accettato contemporaneamente il
contratto separato del 2012 precedentemente osteggiato. Se la Fiom ha
ragione oggi, aveva torto ieri. Se aveva ragione ieri, ha torto oggi.
Questo è e da qua non se ne esce.
Il contratto 2012 era stato osteggiato per misure come aumento degli
straordinari obbligatori, flessibilità oraria, penalizzazione della
malattia e apertura alle deroghe. Tutto questo viene recepito, con buona
pace di 8 anni di battaglie. E c’è in fondo un legame diretto tra il
fatto che si accetti la penalizzazione della malattia (contratto 2012) e
la limitazione della 104 (l’attuale rinnovo) e dall’altro si apra alla
sanità integrativa. Diritto universale alla salute, all’assistenza e
alla malattia sono inversamente proporzionali a qualsiasi forma di
integrazione della sanità. In seconda battuta questo contratto, come
dimostra la gioia di Renzi, Poletti e Federmeccanica, risponde a un
obiettivo e un modello ben preciso. Gli obiettivi che si poneva il
fronte padronale possono essere riassunti in tre grandi capitoli:
– blocco dei salari, ogni qualsiasi aumento dovrà venire a livello
aziendale, in modo totalmente variabile e in cambio di aumento dei
carichi di lavoro, indebolendo sempre di più la “paga oraria”;
– introdurre un sistema di fidelizzazione del lavoratore attraverso una rete di benefits aziendali;
– sfondare sul terreno dell’orario, con 80 ore a disposizione delle
aziende per prolungare l’orario settimanale fino a 48 ore, adattando la
vita del lavoratore a esigenze e fluttuazioni del mercato.
Dal punto di vista di Federmeccanica la missione è compiuta. I premi
aziendali sono dichiarati variabili in maniera stringente: collegati a
quella produttività che il lavoratore non controlla e che non determina
di certo da solo. Si introducono una serie di misure di welfare
aziendale e di benefits azienali. E si allargano le possibilità della
plurisettimanalità: la settimana lavorativa deve essere “mediamente” di
40 ore, allungabile e accorciabile a seconda delle esigenze.
Non siamo solo a un pessimo contratto. Siamo a un modello che
lentamente, ma inesorabilmente, mina la stessa sindacalizzazione. Si
mettono in moto tutti quei processi che legano il lavoratore a mille
fili all’andamento della “sua” azienda. Si recepiscono quei meccanismi
che spaccano il fronte tra lavoratori di aziende “che tirano” e aziende
in crisi. Si crea un interesse diretto del lavoratore a non fermare mai
la macchina aziendale, magari con uno sciopero che mina la produttività.
Si pensa di salvarsi entrando sotto l’ombrello del rapporto bilaterale
sindacato-azienda dove il lavoratore trova conveniente aderire al
sindacato per aderire ai servizi che ne derivano. Ma questo modello è
veleno per la Fiom. E’ l’approdo a un aziendalismo che oggi si rivolge
contro le punte avanzate dell’organizzazione e domani contro
l’organizzazione intera.
Il tutto senza aver mai posto realmente il rifiuto del Jobs Act e la
richiesta a Cisl e Uil di disconoscere la firma del contratto separato
in Fiat.
Siamo delegati e delegate della FIOM e facciamo appello
immediatamente a tutti i lavoratori e le lavoratrici, e agli altri
delegati e delegate ad attrezzarsi perchè le ragioni del NO a questo
contratto siano conosciute, sostenute, argomentate e diffuse nelle
assemblee che si terranno e nel referendum del 19-20-21 dicembre, con
l’obiettivo di una forte affermazione del NO nonostante le regole
tutt’altro che democratiche della consultazione non consentino che il NO
abbia la stessa agibilità del SI durante il percorso referendario.
Invitiamo ad un incontro a Firenze il 6 dicembre per coordinare i
metalmeccanici che dicono NO a questo contratto, a partire da quelli che
appartengono alla nostra organizzazione e come noi hanno sostenuto in
tutti questi anni le lotte di resistenza che pur tra mille
contraddizioni ha portato avanti. Un primo passo di una battaglia per la
difesa di un modello sindacale rivendicativo, unificante, conflittuale e
partecipativo.
Il nostro NO deve vivere da subito, soprattutto nelle grandi
fabbriche, nella battaglia della consultazione sul contratto, e
diventare un punto di riferimento per affermare una pratica sindacale
opposta a quella dell’attuale gruppo dirigente.
Primi firmatari
Matteo Moretti, Michele Di Paola, Mauro Sassi, Luciano Morelli, Giuseppe Iapicca, Massimo Barbetti (RSU FIOM GKN) Giorgio Mauro, Andrea Paderno, Matteo Carioli, Matteo Barbaro,
Gianfranco Cannone, Roberto Rivoltella, Gianluca Paris, Alfonso De
Martino, Jury Guerini, Alberto Vitali, Marco Fontanella, Franco Ruggeri,
Luca Carlessi, Massimiliano Finardi, Massimo Mandelli, Rocco Vizzone,
Daniele Gatti (RSU FIOM Same) Massimo Cappellini, Antonella Bellagamba, Massimiliano Malventi, Adriana
Tecce,Giorgio Guezze, Francesco Giuntoli, Simone Di Sacco (RSU FIOM
Piaggio) Giuseppe Faillace, Giuseppe Imparato, Ciro Palmieri (RSU FIOM Motovario) Gianplacido Ottaviano, Giuseppe Principato (RSU FIOM Bonfiglioli) Mario Viscido, Maurizio Mazza, Giuseppe Gomini (RSU FIOM Ducati) Silvia Cini, Giada Garzella (RSU FIOM Continental) Serafino Biondo (RSU FIOM Fincatieri Palermo) Stefano Fontana (FIOM Fincantieri Marghera) Gabriele Severi, Franco Batani (RSU FIOM Marcegaglia Forlì)
per aderire: peril.no.ccnl2016.metal@gmail.com
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