Lettera aperta a Renzi e Poletti

Onorevoli Matteo Renzi e Giuliano Poletti, 
Siamo i 7 Operai Metalmeccanici In forza alla Marcegaglia Buildtech di Milano ormai da più di un anno soggetti di una vicenda sindacale che sembra non trovare mai fine, saliti anche alle cronache nazionali lo scorso anno per aver disperatamente occupato un tetto della fabbrica di Milano. L’azienda di cui siamo dipendenti appartiene al gruppo Marcegaglia, di proprietà di Antonio e Emma Marcegaglia. La seconda è stata nominata 2 anni fa presidente di ENI, una delle più importanti e strategiche aziende nazionali. Il Gruppo Marcegaglia, in cordata con il colosso Arcelor Mittal, è uno dei due competitors per l’acquisizione, e il salvataggio, di un’altra azienda importantissima e strategicamente rilevante per il nostro amato Paese: l’Ilva, di cui quello tarantino è il maggior complesso industriale per la lavorazione dell’acciaio in Europa. Questa vicenda ha inizio 2 anni fa, proprio nel periodo in cui Emma Marcegaglia è stata nominata Presidente di Eni, quando la proprietà ci comunicò l’intenzione di chiudere lo stabilimento di Milano sito in Viale Sarca al 336. Tale area industriale, dove un tempo sorgeva la Breda Siderurgica, fu ceduta ad un prezzo simbolico dallo stato in base alle norme che allora favorivano il recupero alla produzione delle aree industriali dismesse. Area che trovandosi oggi nei pressi dell’importante progetto si sviluppo urbano “Grande Milano Bicocca” ha visto salire in maniera impressionante il suo valore immobiliare. Non siamo qui a raccontare tutta la vicenda sindacale che ha portato alla firma di FIM-CISL e UILM-UIL di un accordo di chiusura dello stabilimento e trasferimento parziale in un altro sito in provincia di Alessandria, ma riportiamo i termini di tale accordo che hanno portato noi 7 a ritrovarci in questa difficilissima situazione. Al fine di chiudere lo stabilimento l’accordo prevedeva l’apertura della CIGS per tutti. Gli impiegati commerciali sono stati trasferiti in un ufficio di via Giovanni della Casa 12 a Milano. Agli operai l’accordo offriva 3 possibili scelte: – Accettare il trasferimento, incentivato e con messa a disposizione di trasporto aziendale con autobus, a Pozzolo Formigaro a 108 km dallo stabilimento di Milano – Accettare la messa in mobilità e l’incentivo all’ esodo di 30000 euro lordi – Non accettare ne il primo e ne il secondo, e nel periodo di CIGS, che in base all’accordo si sarebbe rinnovata per un altro anno, l’azienda si impegnava a trovare la ricollocazione in uno dei 4 stabilimenti del gruppo Marcegaglia limitrofi a Milano, quelli cioè di Lainate, Corsico, Boltiere e Lomagna. In caso di impossibilità a ricollocare entro i 2 anni di CIGS comunque l’azienda avrebbe offerto la possibilità di trasferirsi a Pozzolo. Eventualmente l’azienda si impegnava a ricercare soluzioni lavorative presso terzi, fornitori o clienti in provincia di Milano. Al 30 di ottobre 2014, termine ultimo per comunicare la propria scelta, circa 60 lavoratori hanno accettato il trasferimento, altri 80 circa hanno accettato il licenziamento incentivato. Noi 7, non avendo la possibilità, per ragioni di salute di alcuni e familiari di altri, di trasferirci e per gli stessi motivi non potendo perdere il lavoro, in cambio di pochi soldi abbiamo deciso di restare in CIGS, confidando nel fatto che l’azienda avrebbe trovato una soluzione, a maggior ragione per il fatto che eravamo davvero pochi a fronte di 4 stabilimenti che potevano “accoglierci”. Come un fulmine a ciel sereno alla fine del mese di giugno 2015 l’azienda invece ci ha convocato per comunicarci di non essere intenzionata neanche a tentare l’apertura del secondo anno di CIGS, in quanto sarebbero state modificate le norme di accesso al secondo anno di tale istituto. In ragione di ciò ci comunicarono che ci avrebbero aperto la procedura di trasferimento a Pozzolo Formigaro, e che non avremmo neanche avuto diritto al trasporto aziendale. Una tegola enorme sulla nostra testa. Conti alla mano trasferirci a quelle condizioni significava lavorare per pagarci benzina, casello, tagliandi e una macchina ogni 2/3 anni, mentre comunque rimanevano le condizioni di impedimento per tutti noi di recarci a lavoro così lontano. L’unica alternativa che ci dava l’azienda era il licenziamento senza nessuna indennità. Quasi disperati decidemmo di rivendicare il secondo anno di CIGS e il rispetto degli impegni assunti dall’azienda nell’accordo. Noi soli 7 eravamo costretti a confrontarci sul terreno sindacale con una delle aziende più importanti di Italia. Non trovammo altra soluzione che salire sul tetto dell’unico reparto ancora produttivo dell’azienda e di restarci fino a quando non ci sarebbe stato restituito ciò che ritenevamo ci avessero ingiustamente privato: la speranza di un futuro dignitoso per noi e le nostre famiglie. Per 6 lunghi giorni abbiamo sfidato il caldo infernale che colse Milano in quel periodo. Uno di noi si mise addirittura in sciopero della fame. L’ultimo giorno rischiammo addirittura l’intervento delle forze dell’ordine in quanto l’azienda rivendicava il diritto di rientrare in pieno possesso dello stabilimento, e con un gesto disperato, un nostro compagno si appese nel vuoto con una fune, evitammo il peggio e finalmente l’azienda accettò un confronto in prefettura. Il ruolo istituzionale del prefetto fu impeccabile, e in prefettura, con l’obiettivo condiviso da tutte le parti di riattivare l’accordo e ricercare il ricollocamento, si aprì la richiesta per il secondo anno di cassa integrazione straordinaria, con l’impegno prefettizio di ricercare al più presto una soluzione col ministero del lavoro. L’azienda propose a chi avesse voluto interrompere il rapporto lavorativo un’incentivazione economica pari a 29000 euro lorde, 1000 in meno di ciò che fu riconosciuto ai lavoratori che accettarono la messa in mobilità. Nessuno di noi 7 accettò, in quanto riteniamo che un posto di lavoro, in questi tempi così difficili, non può essere scambiato con nessuna cifra. Da li a pochi giorni le parti furono convocate al ministero del lavoro e, fu sottoscritto il verbale di apertura del secondo anno di CIGS. Il sorriso e la serenità tornò sui nostri volti e su quelli dei nostri cari. Certo sapevamo che avremmo dovuto fare ancora grandi sacrifici con un salario ridotto all’osso, ma consapevoli delle grandi possibilità del gruppo Marcegaglia, eravamo convinti che in poco tempo le soluzioni lavorative sarebbero arrivate. Era iniziato il mese di settembre e furono programmati 4 incontri con l’azienda per verificare lo stato della ricerca del ricollocamento. Fin dal primo incontro abbiamo avuto la percezione che l’azienda non stesse prendendo sul serio l’impegno preso nell’accordo con FIM e UILM prima, la FIOM non firmò l’accordo, e col prefetto Tronca, i 7 lavoratori, FIM, FIOM e FLMU-CUB poi. Nello scorso febbraio la nostra preoccupazione cominciò a crescere nuovamente in quanto l’azienda ci comunicò chiaramente che non riusciva a trovare ancora soluzioni e, ancora peggio, stava valutando, in anticipo rispetto alla scadenza del CIGS alla fine di agosto, di procedere ancora all’invio delle lettere di trasferimento presso lo stabilimento di Pozzolo Formigaro. La nostra rappresentanza sindacale fece un accorato appello all’azienda per risolvere il problema, consapevoli invece che negli stabilimenti in questione si lavora al di sotto dell’organico, e nel corso dell’ anno e mezzo di CIGS ci sono stati diversi pensionamenti, licenziamenti per vari motivi e purtroppo, operai venuti meno per ragioni di salute. Nell’ultimo incontro del 2 maggio scorso, invece, l’azienda ha effettivamente comunicato che avrebbe di nuovo inviato le lettere di trasferimento coatto e senza agevolazioni. Smarriti e quasi disperati siamo stati costretti a rivendicare ancora la nostra dignità. Lo scorso martedì 31 maggio ci siamo incatenati tutti e 7 all’ingresso degli uffici direzionali, amministrativi e Commerciali di Marcegaglia Buildtech in via della Casa 12. Dopo qualche ora di chiusura da parte dell’azienda si è aperto un dialogo, fino a concordare la richiesta congiunta di riportare la discussione presso la sede del governo a Milano. Anche questa volta la prefettura si è mostrata estremamente disponibile e, nonostante il periodo elettorale, è riuscita a convocare un tavolo ieri martedì 7 giugno 2016. L’azienda al tavolo ha ribadito, purtroppo, di non aver alcuna possibilità di ricollocarci. La funzionaria prefettizia, ha ricordato all’azienda le ragioni del verbale di accordo sottoscritto col prefetto lo scorso anno e ha giustamente considerato inverosimile che una azienda solida e importante come Marcegaglia non sia stata in grado di trovare una soluzione per soli 7 operai. La delegazione sindacale formata dal nostro delegato, la FIOM, la FIM e la FLMU, hanno portato a sostegno della nostra ricollocazione le condizioni di lavoro nei 4 stabilimenti, gli accordi per il salario di ingresso e gli integrativi legati alla presenza richiesti dalla azienda, le centinaia di ore straordinarie lavorate e le diverse dimissioni che ci sono state. L’azienda ha risposto che arrivati a questo punto la nostra ricollocazione sarebbe un’ offesa ai lavoratori che hanno scelto il trasferimento o l’incentivo all’ esodo 1 anno e mezzo fa. Anche la stessa prefettura ha sottolineato come i lavoratori liberamente abbiamo operato scelte differenti e che non ci sono legalmente appigli per i quali chi ha accettato condizioni diverse dalla nostra possa rivendicare oggi altri trattamenti. Il nostro delegato a quel punto, per trovare una soluzione che tenesse conto di tutte le problematiche sollevate, ha proposto addirittura una condizione di peggior favore rispetto ai lavoratori trasferiti: invece di 7 ricollocazioni a tempo pieno 7 ricollocazioni part time. In questo modo nessuno può imputare all’azienda di aver favorito in qualche modo nessuno. Nonostante il plauso prefettizio a tale proposta l’azienda è rimasta sulle sue posizioni. Così la prefettura ha fatto appello all’amministratore delegato di Buildtech e al responsabile delle risorse umane del gruppo di prendersi qualche giorno per trovare una soluzione dignitosa per noi, e ha riconvocato il tavolo per il prossimo martedì 14 giugno. Questa è la storia a oggi. Ci rivolgiamo a Voi, che rappresentante il più alto livello istituzionale per quanto riguarda queste questioni, al fine di aiutarci a trovare una soluzione con Marcegaglia. Questa legislazione ha riposto in Marcegaglia tantissima fiducia affidandogli la presidenza di ENI. Probabilmente il nostro paese nei prossimi mesi si appresterà ad affidare a questo gruppo, almeno in parte, la più importante acciaieria d’Europa e di conseguenza Marcegaglia dovrà essere la soluzione ai problemi di migliaia di operai e le loro famiglie. Non vogliamo entrare nel merito del giudizio sulla rigidità dell’azienda nei nostri confronti. Semplicemente chiediamo a voi di sostenere l’importante opera di mediazione che sta svolgendo chi rappresenta il vostro governo a Milano per trovare una soluzione dignitosa per noi 7 operai; non vogliamo trovarci nella condizione disperata di non avere, ingiustamente, il posto di lavoro. Vi ringraziamo anticipatamente per il sicuro interesse che porrete a questa questione. 

I 7 operai dipendenti Marcegaglia Milano – 8 giugno 2016 
Alfredo Mastropasqua, Cristian Ferrante, Franco Rocca, Gianni Romeo, Massimiliano Murgo, Roberto Filippis, Sergio Lepori.

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