La Cgil ha chiuso l’opposizione. Io non ci sto

Non avevo preparato alcun contributo preventivo alla discussione dell’assemblea del 12 maggio perché speravo in una soluzione più unitaria possibile. Ne pubblico oggi uno personale che riprende parti della relazione introduttiva.
LA RIFLESSIONE SULLA PORTATA DELL’ATTACCO E LA TORSIONE AUTORITARIA
Può ancora esistere un’area di opposizione in una organizzazione che condanna all’incompatibilità i delegati Fiat che scioperano e si organizzano contro il padrone, intima con una lettera formale di non agire più all’esterno degli organismi in quanto ciò romperebbe l’unicità della Cgil e infine destituisce il portavoce, dell’unica area di opposizione, per la sola responsabilità di aver difeso senza se e senza ma i delegati fiat?
Esiste ancora quello spazio politico che ci ha consentito di proporre e praticare una linea alternativa e sul quale abbiamo scommesso come sinistra sindacale sapendo che la semplice discussione interna era un’arma spuntata?
Avevamo detto Sin dall’inizio che fatti di questa portata erano destinati inevitabilmente a produrre un cambiamento profondo dell’organizzazione. L’incompatibilità è divenuta ordinamento nella vita della Cgil. Uno spartiacque, nella sua lunga storia, che ha voluto sancire, con atti esemplari, a quali condizioni si sta nell’organizzazione. Nulla sarà più come prima.
La Fiom e la Cgil hanno stabilito il criterio del gradimento da parte del segretario generale nella costruzione dei gruppi dirigenti. Si accede in un direttivo o si fa il portavoce dell’area solo se si ha il gradimento dell’organizzazione. Altrimenti, ed è accaduto così a Domenico Destradis e Stefania Fantauzzi, non si entra negli organismi dirigenti. Difficile non leggere allo stesso modo la mia cacciata dalla Fiom.
Di tutto questo una parte dell’area ne ha parlato. Il resto ha usato la prima assemblea nazionale dopo la cacciata del portavoce per riconfermare la propria appartenenza, per diversi senza se e senza ma, alla Cgil.
Una prova di grave incapacità nell’affrontare con rigore un passaggio così duro. Non è con l’ottimismo, l’autocelebrazione, la memoria e il perenne uso distorto e strumentale dei testi sacri del marxismo che si possono superare fasi così difficili.
La Cgil non ha messo in discussione il pluralismo, ma il diritto all’opposizione praticata. Certo l’incompatibilità non ha colpito tutti e il portavoce è stato “solo” licenziato dalla Fiom, ma il processo di normalizzazione dei gruppi dirigenti della Cgil è stato avviato con cinica determinazione. Non è un caso che una parte dell’area da subito si sia rifiutata di contrastare la maggioranza a difesa dei delegati Fca, aveva fiutato l’aria e si è tenuta al riparo.
Tutto ciò non avviene per la semplice prepotenza e arroganza di Landini o della Camusso.
La Cgil ha la necessità di conformare i gruppi dirigenti alle sue direttive per una ragione di fondo. Il pluralismo d’opposizione,la democrazia e il diritto al dissenso non possono più convivere in un’organizzazione che ha abbracciato il modello Marchionne, l’esigibilità e sancito l’unita’ a prescindere con Cisl e UIL.
Dai luoghi di lavoro sino agli apparati tutto si deve conformare al nuovo modello sociale e contrattuale. Il sindacato cosiffatto, come un’impresa, non può rimettere al voto democratico la sua linea politica e contrattuale.
IL PROSSIMO CONGRESSO
Se negli anni passati abbiamo potuto approfittare degli spazi che la contrapposizione tra la Fiom e la Cgil lasciavano aperti oggi bisogna purtroppo rilevare che l’abbraccio Landini Camusso e dei due con Barbagallo e Furlan, chiude ogni contraddizione entro cui agire nella dialettica interna. Dentro la Cgil non vi è più alcuna contrapposizione sul modello contrattuale e sociale. Landini ha abbandonato ogni difesa del contratto nazionale e della democrazia sindacale abbracciando il modello del testo unico del 10 gennaio 2014. Così come non vi è più alcuna differenza tra la linea contrattuale di Fim Fiom Uilm. La ricomposizione unitaria dei meccanici ha già sacrificato l’unico pluralismo esistente. In nessun attivo regionale dei metalmeccanici e stato consentito a nostri compagni di intervenire. Occorreva essere preventivamente concordi per avere il diritto di parola. La stessa delegazione trattante per il contratto federmeccanica è stata depurata dalla presenza di compagni della nostra area con il passaggio in ristrette da 60 componenti della trattativa…
Il prossimo congresso si è giocato in questi mesi, proprio nell’attacco all’unica area di opposizione interna. Non è un caso che Susanna Camusso abbia preannunciato nuove regole congressuali nell’incontro del 2 maggio mentre si discuteva esattamente delle prerogative di un’area di opposizione.
LA CGIL E LA FIOM HANNO CHIUSO L’OPPOSIZIONE
E’ del tutto evidente che quanto accaduto in questi mesi ha nei fatti determinato la fine di quell’esperienza unica di radicalità e rigore che è stata prima la “rete 28 aprile” e dal 2014 l’area “il sindacato è un’altra cosa-opposizione cgil”, almn o per come le abbiamo conosciute noi.
L’area potrà certo proseguire ma solo nelle nuove compatibilità, considerato inoltre la non brillante prova di unità e determinazione che ha dimostrato nel difendere se stessa da questo attacco.
Sono per queste ragioni legittime tutte le scelte, compresa quella di rimanere in un’area negli spazi che consente la maggioranza e quella di uscire dalla Cgil, o anche solo dall’area.
Così come è legittimo immaginare che al prossimo congresso, inevitabilmente unitario, a meno di scenari al momento non prevedibili, si debba contrattare con la maggioranza la difesa dei propri compagni. Tutto legittimo ma per me non praticabile.
Molti compagni e compagne sono rimasti in Cgil per la unica ragione che il permanere di un’area interna di fiera opposizione, non di semplice dissenso verbale, capace di sfidare l’organizzazione, di mettere anche a repentaglio se stessa nella battaglia contro la degenerazione della Cgil dava un senso ed una speranza a quell’appartenenza.
Io sono uno di quelli. Ed è per questa ragione che sono stato prima destituito da segretario nazionale Fiom e poi, vista l’impossibilita di ridurmi al silenzio, anche da semplice funzionario.
Ho rifiutato una proposta irricevibile da parte della Cgil: un finto rientro in fabbrica ed una agibilità quasi totale in termini di ore pagate dalla Cgil. Il prezzo di questa agibilità era accettare di smettere di fare il sindacalista, accettare la cancellazione di ogni incarico nell’organizzazione. Perdere la propria dignità di dirigente sindacale.
Ho detto no anche per la semplice ragione che e’ irrispettoso usare i soldi dei lavoratori per non far lavorare un compagno che è stato 16 anni in distacco sindacale e che ha ricoperto diversi incarichi di tutto rispetto. Pagarmi per non lavorare ma solo per rappresentare l’area a questo arriva la Cgil.
Non credo che sia un fatto personale quanto accaduto. Chiunque in Cgil, non solo dell’area, abbia a cuore la democrazia e il pluralismo quali fondamenti di un sindacato dei lavoratori non può che essere inorridito dal livello in cui è stata fatta precipitare la Cgil da questo gruppo dirigente.
Chi non ha intenzione di accettare il nuovo quadro della compatibilità deve organizzarsi. Se i compagni e le compagne che hanno praticato la linea che noi gli abbiamo proposto al congresso vengono così duramente colpiti vuol dire che la Cgil non ci tollera più e che c’è bisogno di costruire una nuova prospettiva, un nuovo inizio.

Sergio Bellavita

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