In una intervista al quotidiano 'l'Unità' il Segretario
Generale della CGIL si dice "fortemente preoccupata" per la situazione
sociale determinata dalle scelte sbagliate del Governo e avverte "il
sindacato farà la sua parte preparando una grande mobilitazione a
settembre"
«Anche
se il presidente del Consiglio ha espresso commenti ingenerosi sulle
parti sociali e sulla concertazione, anche se non vuol ascoltare le voci
dei sindacati, vorrei chiedergli di cambiare strada al più presto
perché così il Paese non ce la fa, non si salva e non si risolleva».
Susanna
Camusso, segretario generale della CGIL, è «fortemente preoccupata per
la situazione sociale, per quello che può succedere a settembre», perché
dopo un anno di manovre e sacrifici «siamo ancora qui davanti a
un’altra emergenza dello spread che giustifica tagli, licenziamenti,
altre ingiustizie».
Segretario Camusso, pensa che Monti possa davvero accogliere il suo invito?
«Non credo, per come si è mosso finora. Il sindacato confederale può
piacere o meno, ma ha ancora un grande ruolo in Italia, è capace di
cogliere e rappresentare le preoccupazioni e gli allarmi che salgono
dalle fabbriche, dalla società. Vorrei dire al presidente Monti che oggi
l’Italia leale e onesta, i lavoratori e i pensionati che hanno pagato
tutte le manovre, che hanno versato l’Imu si chiedono se questi
sacrifici sono utili, se garantiscono un futuro sereno, una società più
giusta. L’azione di governo di Monti non ha risolto il problema dello
spread, ma in compenso ha colpito duramente i lavoratori, i pensionati,
senza offrire speranze reali a giovani e donne, ai ceti più deboli. A
settembre le condizioni del tessuto produttivo potrebbero essere
peggiorate, si potrebbero aprire nuove crisi. In questa congiuntura
l’unica preoccupazione di Monti è lo spread e come tagliare l’intervento
pubblico ».
Qual è il limite più grave del governo?
«Si muove solo sul piano finanziario. Pensa solo a tagliare e mistifica
come revisione della spesa quella che in realtà è un’altra manovra di
tagli. Un conto è un intervento moralizzatore sulla spesa pubblica e
potremmo dare qualche suggerimento se Monti ci ascoltasse, un altro è
usare la mannaia sulla pubblica amministrazione, sulla sanità, sul
trasporto locale. La spending review determinerà migliaia di
licenziamenti. Il governo ne è consapevole o se ne accorgerà a cose
fatte, come nel caso della riforma delle pensioni e delle migliaia di
esodati?»
Cosa teme oggi?
«Ci sono tre urgenze. Primo: non è chiaro se ci sono i finanziamenti
per la cassa integrazione in deroga per il 2013, molte Regioni hanno
finito i fondi. Secondo: spero di sbagliarmi ma c’è un gioco di
emendamenti sulla prosecuzione della mobilità che potrebbe portare a
un’ondata di licenziamenti anticipati. Terzo: il decreto della spending
review ha un effetto depressivo sull’economia, ci stiamo avvitando su
manovre e spread senza dare fiato alla produzione, la manovra colpisce i
soliti noti, impoverisce le famiglie. Vorrei vedere un segnale di
equità, di giustizia, di redistribuzione, una politica dura contro
l’evasione e il sommerso».
Ad esempio?
«Cito un caso: ma perché mentre tutti sono chiamati a fare sacrifici
non si riesce mai a mettere un tetto, a ridurre le retribuzioni dei
grandi manager. Perché l’autorevolezza di Monti si ferma davanti a
questo ostacolo?».
Cosa farà il sindacato?
«Farà la sua parte se il governo non cambia strada. La CGIL, d’accordo
con le altre confederazioni, contrasterà le politiche del governo. Non
possiamo accettare una linea d’azione unilaterale, ingiusta. Siamo
pronti a negoziare, a fare la nostra parte come è sempre avvenuto quando
il Paese era in difficoltà. Ma Monti sta sbagliando e non ce lo
possiamo permettere. A settembre prepareremo lo sciopero generale. In
questa situazione vorrei dire a Federmeccanica che è grave discriminare
la FIOM, non c’è bisogno di altre tensioni. Rispetti i patti».
Intanto si aprono altre emergenze industriali. Come ne usciamo?
«Sull’Ilva noi e Confindustria abbiamo detto al governo che il polo
siderurgico di Taranto non è solo il più grande d’Europa, ma è il
fornitore di larga parte dell’industria manifatturiera nazionale. Se
dovesse chiudere la nostra credibilità di Paese andrebbe a zero. Per la
Fiat spero che nessuno si sorprenda della cassa integrazione a
Pomigliano. La CGIL denuncia da tempo i buchi del piano industriale, la
mancanza di investimenti, la strategia di trasferire gli interessi
prevalenti del Lingotto all’estero. Le parole di Marchionne sono state
esplicite. Mi sorprende il silenzio di Monti e del ministro Fornero,
molto rispettosi dell’autonomia delle imprese. Il presidente francese
Hollande ha detto a Peugeot che non può licenziare 8mila lavoratori e di
chiudere una grande fabbrica. Magari Monti potrebbe usare un po’ della
sua moral suasion su Marchionne».
La sinistra si prepara al voto, imperversa il dibattito, dalle primarie alle alleanze. Che idea si è fatta?
«Non sono interessata a schieramenti, personalismi. E neanche al
dibattito se Monti deve succedere a Monti. Spero che il centro sinistra
avvii una seria fase programmatica per proporre un’alternativa di
governo. L’unica condizione che davvero conta è mettere le persone e i
loro problemi al centro della politica e dell’azione di governo».
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