«Presto la Newco si allargherà ad altri settori»

Intervista al sociologo Luciano Gallino

Che quadro si prospetta a questo punto dopo la rottura consumata dall'Ad di Fiat Sergio Marchionne?Le previsioni sono difficili naturalmente. La natura dello strappo, però, è più identificabile. Mi pare che Marchionne intenda importare in Italia la situazione delle relazioni industriali che ci sono ormai da tanto tempo negli Stati Uniti. Il quadro delle leggi americane su libertà di associazione sindacale sindacale, diritti del lavoro e normativa salariale è molto meno sviluppato rispetto a quello europeo, e italiano in particolare. Questa legislazione permette alle imprese di condurre relazioni e avere comportamenti che in Europa non sarebbero possibili. Più che infrangere la legge, si cambia radicalmente. Arriveremo a un sindacato come negli Usa?Negli Usa i sindacati sono stati costretti a subire e gravi fino agli anni settanta e ottanta. Allora un lavoratore su tre era sindacalizzato, oggi uno su dieci. Questo è dovuto al fatto di una legislazione che ha sempre picchiato forte sui sindacati. E anche quando la legge avrebbe permesso di tutelare un po' di più in realtà è stata sempre interpretata in modo molto restrittivo. Essendo Marchionne un nordamericano più che un itailano, la sua cultura è quella. Importiamo in Italia un modello che ha funzionato là con quel tipo di economia...Quel modello americano con la perdita di potere dei sindacati è costata carissima ai lavoratori americani. I salari americani in termini reali sono fermi a 35 anni fa. Con la crisi la disoccupazione americana tocca il 10% ufficiale e il15% se si allarga il cerchio agli scoraggiati e agli occasionali. Adesso anche gli americani stanno pagando durissimi costi per questo modello. Nonstante le centinaia di miliardi pompate nell'economia la disoccupazione non accenna a diminuire.Quante probabilità di riuscire ha l'operazione?In Europa si sta facendo parecchio per diffonderlo. Si sono dati molto da fare per descrivere il sindacato come un ferro vecchio.Prenderà piede il "modello Fiat"?Nonostante si sia parlato di periodo di transizione, non si tratta per niente di un provvedimento di mera facciata. Si tratta di un provvedimento che porterà a breve termine alla distruzione del contratto nazionale. Quello che i governi di destra e centrodestra stanno cercando di fare da anni. C'è l'americanizzazione delle relazioni industriali. Se la cosa prende piede è questo che accadrà.E' anche uno schiaffo alla civiltà sia del diritto italiano che a quello europeo.Con quale dinamica?A cominciare dalla Fiat niente è prodotto per intero dalla fabbrica che poi ci mette il suo marchio. La prima ricaduta, quindi, sarà su tutta la singola filiera produttiva. E' praticamente impossibile che non si riproducano pratiche antisindacali su tutta la filiera. Non ci saranno più scioperi, malattie, assenze che tengano. Questo vale anche per tutti gli altri settori.Negli anni 50 il movimento dei lavoratori veniva dalla frammentazione, oggi si torna lì...C'è una differenza fondamentale, mentre negli anni '50 e '60 l'economia cresceva al ritmo del 3% e 4%. Oggi cresciamo al ritmo dell'1%, con una disoccupazione che è più del doppio rispetto a prima. Il sindacato aveva una forza che ha perso.In che modello economico ci stiamo imbarcando?I livelli della produttività italiana sono fermi da quindici anni. Essendo fermi salari e produttività questo mette il sindacato davanti alla famosa battuta della Thatcher "non ci sono alternative". Teniamo conto che la nostra struttura industriale manifatturiera ha, oltre a Fiat, la sola Finmeccanica. Abbiamo un certo peso in campo siderurgico e manifatturiero, mentre la grande chimica è scomparsa. Poi ci sono Eni e Telecom. Nelle prime 500 aziende mondiali ci sono 25 francesi e altrettanti tedesche, le italiane sono appena 5, e le manifatturiere due. La divisione internazionale del lavoro assegna all'Italia un ruolo più che subordinato. L'assenza di qualsiasi politica economica è stata esiziale. Ricordiamo a cosa è accaduto in Germania quando si parlò dell'acquisizione di Opel. Da noi viene servito brodino caldo.

Fabio Sebastiani


[Articolo su Liberazione del 11/12/2010]

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